sabato 12 dicembre 2015

PENSANDO AL NATALE: ARANCIA CANDITA FATTA IN CASA

Sono una grande sostenitrice e fautrice del fatto in casa.
Durante l'anno preparo marmellate e conserve in grandi quantità, facendo, come scherzosamente dico ad Alessandro "scorte per l'inverno".
A fine estate prepariamo anche le bottiglie di passata di pomodoro con il raccolto dell'orto, e la differenza, come potete immaginare, si sente.
 
Ci sono chiaramente dei prodotti che non si usa fare in casa, ma che se ci riflettiamo hanno un costo esorbitante nei negozi.
Mi sto preparando a fare il panettone fatto in casa e quindi l'altro giorno sono andata a prendere tutto ciò che mi occorre: la farina giusta, il burro bavarese, i pirottini ecc.
Quando sono passata davanti lo scaffale dei canditi sono rimasta inebetita: quasi 3€ per 70g di cubetti di arancia candita industriale?!
 
Ho preso in mano il barattolino, l'ho studiato qualche secondo, quindi l'ho prontamente riposto, dicendo a me stessa che avrei cercato altrove.
Sono andata poi a prendere la frutta e caso ha voluto che dovessi acquistare le arance.
2kg di arance sfuse, di qualità Navel profumatissime, non trattate e con le foglie ancora attaccate, mi sono costate 1.45€.
 
Allora si è accesa la lampadina e ho pensato che avrei potuto provare a farle in casa. Se non mi spaventa la produzione del panettone fatto in casa, figuriamoci candire quattro bucce d'arancia!
Un giro veloce sui miei libri di cucina e sul web e... eureka!
Qualche ora dopo la scorza di due arance erano già in ammollo nell'attesa di essere candite.

Arancia candita fatta in casa
ricetta e procedimento liberamente tratte dal web

 
500g di scorze d'arancia
1000g di zucchero
500g di acqua

Preparate le scorze di arancia. Prendete le arance (non trattate), lavatele ed asciugatele. Con un coltello incidete le scorze in quarti, quindi staccateli a mano delicatamente, facendo attenzione a non romperli. Per questa preparazione ovviamente si usa la scorza intera con tutto l'albedo - che sarebbe la parte bianca.

A meno che siate una famiglia numerosa e grandi consumatori di arance, allora non riuscirete a mangiare arance a sufficienza in un giorno per giustificare la preparazione di questi canditi. Diventa quindi opportuno conservare le scorze delle arance che mangiate di volta in volta, così quando arrivate ad un quantitativo decente potete cominciare la preparazione dei canditi.
Come si conservano le scorze per qualche giorno?
Se le conservate all'aria a temperatura ambiente allora le scorze tenderanno a seccare, questo diventerà un problema per la canditura. Se le conservate in frigorifero dopo un po' ammuffiscono. L'ideale è prendere un contenitore di plastica col coperchio, riporre dentro le scorze di arancia, riempire d'acqua fresca il contenitore, chiudere il coperchio e conservare la scatola a temperatura ambiente.
In questa maniera le scorze restano belle morbide (anzi, si ammorbidiscono di più) e cominciano a spurgare un po' di amaro.

Ricordatevi però di cambiare l'acqua un paio di volte al giorno.


Quando arrivate ad avere un quantitativo sufficiente di scorze di arancia potete quindi cominciare la preparazione vera e propria.

Per prima cosa bisogna cuocere le scorze per ammorbidirle completamente.
Per la preparazione di tutti i canditi casalinghi è ideale una pentola cuocipasta, di quelle dai bordi alti e con il cestello, per intenderci. Se non l'avete potete usare una pentola d'acciaio profonda e un cestino, sempre d'acciaio, per la cottura al vapore come ho fatto io.

Versate abbondante acqua nella pentola e portatela ad ebollizione.
Sistemate le scorze di arancia nel cestello, inseritelo nella pentola con l'acqua bollente, quindi riportate l'acqua ad ebollizione.


Preparatevi da parte un contenitore più grande del cestello riempito a metà di acqua fredda.
Quando l'acqua arriva ad ebollizione togliete il cestello con le scorze di arancia, fate scolare per bene l'acqua calda, quindi ponete il cestello dentro il contenitore con l'acqua fredda (servirà a raffreddare le scorze).
Questa operazione si chiama sbianchitura e ci serve a togliere l'amaro dalle scorze di arancia.
Ora buttate l'acqua nella pentola, mettetene altra pulita e ripetete l'operazione. In totale questo procedimento va ripetuto tre volte

Quindi si passa alla fase di canditura.
 
Unite insieme acqua e zucchero in una pentola capiente e mettete sul fuoco, facendo bollire fino a quando non assume una densità sciropposa. A questo punto, dopo avere sistemato le bucce in una ciotola d'acciaio, rovesciatevi sopra lo sciroppo, in modo da coprirle completamente, e lasciate riposare.
 
 
Dopo dodici ore, mettete di nuovo lo sciroppo in una pentola e riportate a bollitura.  Rovesciate di  nuovo lo sciroppo sulle bucce e fate riposare ancora.


Queste erano le mie scorze dopo due giorni di canditura.
Ripetete qeusta operazione per diversi giorni (a me, ne sono serviti cinque) finché non saranno diventate trasparenti e traslucide.  A questo punto sono pronte.

La trasparenza dell'abedo ci indica che le nostre scorze candite sono pronte 
Tagliatene la quantità che vi occorre prima a striscioline e poi a cubetti e lasciatela in un contenitore per alimenti a temperatura ambiente finché non lo utilizzerete - io ne ho messi da parte 300g che utilizzerò per preparare il panettone.


Per il resto delle scorze di arancia candite subentra il problema della conservazione.
Se le lasciate all'aria a temperatura ambiente allora piano piano rischiano di cristallizzare. Per evitare questo problema vi conviene prendere dei vasetti da marmellata (ben puliti ovviamente), versare le scorze candite dentro i vasetti, quindi far bollire lo sciroppo di canditura, versarlo bollente nei vasetti, chiudere il tappo, girare sottosopra per 5 minuti, quindi rigirarli col tappo verso l'alto e lasciarli raffreddare.


Tagliatene la quantità che vi occorre per preparare i vostri dolci e lasciatela in un contenitore per alimenti a temperatura ambiente finché non lo utilizzerete - io ne ho messi da parte 300g che utilizzerò per preparare il panettone.
 
Una nota sullo sciroppo di canditura: non buttatelo, è un concentrato di gusto da non sprecare! Ad esempio potete usarlo per un sacco di cose. Se lo diluite potete usarlo come bagna per pan di spagna o similari.
Oppure ancora se preparate una bavarese all'arancia potete usarlo al posto dello zucchero. Oppure ancora per un plum-cake.
  

venerdì 4 dicembre 2015

MANI IN PASTA! TRECCIA BRIOCHE ALL'OLIO EXTRAVERGINE D'OLIVA CON LIEVITO MADRE

Avevo abbandonato in un angolino questa mia creatura, la rubrica Mani in Pasta! che ogni primo venerdì del mese vi propone una ricetta fatta con il lievito madre.
Ebbene, è tempo di riprenderla.
Il mio lievito madre è in forma, anche perché si sta preparando per affrontare un grande lievitato, tipico della tradizione. Ma di questo parleremo in un altro post a brevissimo.
 
Oggi infatti trattiamo infatti una ricetta molto semplice, replicabile sia a mano che con la planetaria. Una treccia di Pan brioche all'olio, leggerissima, soffice e buonissima sia con il dolce che col salato.
Si conserva per giorni, avvolta in un canovaccio pulito oppure in una bustina di nylon riposto in frigo.
 
E' ideale anche per preparare sandwich salati e quindi mi viene in mente che si potrebbe usare, al posto del solito panettone gastronomico, per un aperitivo o un antipasto o comunque da servire durante feste e party, ripieno di tutto ciò che la fantasia suggerisce.
 
Treccia di Pan Brioche all'olio extravergine d'oliva
ricetta liberamente adattata dal blog aniceecannella


 
per il lievitino
 
150g di lievito madre rinfrescato
30g di latte
30g di acqua
50g di farina manitoba (o cmq con 320-360W)
50g di farina 0
1 cucchiaino di miele
 
per l'impasto

lievitino
150g di farina 0
150g di farina manitoba (o comunque con 320-360W)
1 uovo intero + 2 tuorli
30g di acqua
30g di zucchero
50g di olio extravergine d'oliva
10g di sale

in più ci occorrerà

latte q.b. per spennellare
Fior di Frutta RdA ai Fichi
 
La sera prima rinfrescate il lievito madre e lasciatelo tutta la notte a temperatura ambiente.
La mattina prelevae 150g di lievito rinfrescato, per il lievitino e ponete il resto in frigo come al solito.
Impastate tutti gli ingredienti per il lievitino, ponete in una ciotola coperta da pellicola e attendete il raddoppio - circa 2 ore, ma il tempo totale varia in base alla temperatura interna di casa vostra.
Quando il lievitino avrà quasi raggiunto il doppio del suo volume, predisponete tutte le polveri nella ciotola della planetaria, spezzettatevi all'interno il lievitino, aggiungete i liquidi e le uova e iniziate la lavorazione a bassa velocità. Inserite quindi le uova e il sale e lasciate incorporare - circa 5'.
Quindi aggiungete l'olio.
 
Proseguite a lavorare a bassa velocità finché non ci saranno più striature bianche, ovvero quando impasto e lievitino saranno totalmente incorporati - ci vorranno circa 10-15'.
 
Spegnete la planetaria, estraete il gancio e lasciate riposare per 40 minuti.
A questo punto sgonfiate l'impasto e fate le pieghe del secondo tipo all'impasto. Nel caso del Pan Brioche facciamo questo tipo di pieghe, e non quelle classiche a tre, perché ci permettono di sviluppare un'alveolatura più fitta.
Lasciare riposare per 20 minuti, quindi spezzare in due parti uguali e dare a ogni porzione nuovamente le pieghe del secondo tipo.
Coprire le due porzioni di impasto a campana e lasciar riposare per 20-30 minuti.
 
 
 
Formate ora una treccia. Potete farne una classica a tre capi oppure, come me, una a quattro capi, eseguita seguendo un tutorial su youtube, purtroppo con scarsi risultati :) 
 

Terminato l'intreccio, adagiate su una teglia coperta di carta forno e pennellate con il latte. Ponete ora a lievitare fino al raddoppio in luogo caldo (io nel forno spento con la luce accesa); raggiunto il doppio del volume spennellate ancora di latte.

Cuocete infornando a forno preriscaldato a 220° per i primi 20 minuti, coprendo con un foglio d'alluminio non appena la superficie e ben dorata. Abbassate quindi il forno, quando avrete posto il foglio d'alluminio, a 180° e proseguite la cottura per altri 20 minuti.
Sfornate il Pan Brioche e trasferitelo su una gratella affinché si raffreddi completamente.

E' ottimo sia col dolce che col salato. Io l'ho spalmato con Fior di Frutta ai Fichi e per me è la "morte sua".
 

domenica 29 novembre 2015

TORTELLI MANTOVANI ALLA ZUCCA PER IL TEMA DEL MESE

La Storia del Tortello di Zucca si scrive con le culture delle grandi famiglie italiane, ovvero, dalla Famiglia d’ESTE (Ferrara), ESTIENSI (Ferrara), GONZAGA (Mantova), FARNESE (Parma e Piacenza), PALLAVICINO (Parma), VISCONTI (Reggio Emilia), MALASPINA (Massa Carrara e La Spezia), SFORZA (Milano), VISTARINO (Pavia) e di Bartolomeo Sacchi, detto Il PLATINA (Cremona - 1475 prerettore alla corte dei Gonzaga) che apre la stagione dei manuali di cucina salutistica senza spezie.  Un arco di tempo che va da 1186 al 1700 e fino ai giorni nostri, ovvero, inizio 1900.
Il Tortello di Zucca nasce e si sviluppa su due grandi direttici territoriali:
 - da Ferrara a Mantova, per proseguire poi per Casalmaggiore, Cremona e infine, Crema:  la pasta sfoglia accoglie i ripieni con una sua caratteristica ben precisa (polpa di zucca ed altri ingredienti – mostarda di mele – amaretti – noce moscata - ecc., conditi con burro fuso e grana, per estinguersi a Crema con i tortelli dolci senza la zucca, ovvero, quelli cremaschi: amaretti, uva passa, cedro candito, menta, biscotto mostaccio, marsala, ecc. e burro e grana per condire;
- da Mantova a Piadena, per proseguire per Ostiano, Reggio Emilia, Parma, Piacenza, Pavia: la pasta sfoglia con ripieno di zucca delicata, mostarda di mele campanine, formaggio grana, noce moscata, condimento con abbondante salsa di pomodoro, preparato con burro e cipolla dolce e tanto grana grattugiato. La sua forma è rettangolare e poderosa e sarà così (salvo la forma) nel suo tragitto territoriale per Reggio Emilia, Parma, Piacenza e Pavia.
La preparazione della sfoglia è pressappoco identica: farina uova e sale e acqua tiepida. Sfoglia da sottile a medio sottile. La forma da tortello, a cappellaccio, rotondo, quadrato, rettangolare, mezza luna, ritorto. Cottura al dente e servito su piatto caldo.
Cambiano i nomi, le forme, alcuni ingredienti dei ripieni, ma il filone compositivo è sempre quello, il tortello, la zucca e la sua evoluzione.
I "cappellacci" o i "ritortelli" di zucca ferraresi sono riportati con il primo “ricettario pubblico "Dello Scalco”, datato 1584 con firma di Gianbattista Rossetti, cuoco alla corte del Duca Alfonso II d’Este, ricettario adottato poi da altri cuochi dell'epoca.
Il “riturtell” o il “turtell” di zucca mantovano appaiono scritti nel primo ricettario pubblicato nel 1544, a firma di Cristoforo Messisbugo, cuoco di origine ferrarese alla Corte dei Gonzaga per 25 anni. Gli succede Bartolomeo Stefani di origine bolognese che pubblicò il suo ricettario nel 1662.E’ da Mantova che il tortello subisce emigrazioni e trasformazioni anche scritte. Infatti si ricorda che i Gonzaga regnarono dal 1328 al 1707 e alla loro corte passarono i migliori pastai, pasticceri e cuochi dell'epoca, compreso quelli di fede ebraica, con grande fortuna della tavola dei Gonzaga.
Con gli editti dei Gonzaga contro gli ebrei (Gonzaga 1629 -1630) molti cuochi e pastai fuggirono verso Piadena (turtèl e sàlsa), Casalmaggiore (i blisgòon), Cremona (il tortèi de sòca) e Crema (turtèi cremàsch) il tortello dolce condito con burro e grana grattugiato, lasciando la loro impronta in ogni territorio accasatisi. 
Piadena ospitò alcuni di questi maestri della tavola (1630 – 1650) i quali non lasciarono traccia scritta dei loro impasti e ricette, ma trasferirono alle "cuoche" di casa il loro sapere finchè un pastaio (un certo Hyman Kaplan o Yuman Haplan) insediatosi in una ricca famiglia del luogo, (Sacca, o Sacchi) ne plasmò  la forma, il contenuto e il condimento, e la donò alla padrona di casa. Oggi la ricetta è conosciuta come “tortello di zucca al pomodoro di piadena”.
I testi scritti diventano pubblici e si diffondono con l'inizio del 1900, quando il "tortello di zucca al pomodoro di Piadena" è presente nella tradizione familiare come piatto tipico del giorno di festa, e veniva consumato la sera della vigilia di Natale e il giorno di Sant'Antonio, rinnovando i vincoli di famiglia da una generazione all'altra e da una intera comunità, fino ai giorni nostri. Il padre serviva i tortelli iniziando dal figlio minore, alla mamma e all’intera famiglia e poi gli altri commensali.
Il tortello di zucca si è dibattuto tra pietanza povera (per la zucca) a piatto ricco (uova, ripieno, condimento) ma il fatto concreto è che il tortello di zucca nasce nelle cucine delle signorie nobili e all'inizio del 1900, nelle cucine delle famiglie popolari agricole come piatto della festa della natività e della resurrezione, divenendo così piatto tipico, della tradizione e di tutti.
La ricetta che ho avuto la fortuna di conoscere e imparare è quella di Antonella, di Saporiinconcerto, che a sua volta l'ha ricevuta in eredità dalla mamma, che l'aveva imparata dalla nonna e così via.. La sua storia dei tortelli è quella dei giorni della festa, quando ci si trovava tutti insieme e si cucinava - e poi si mangiava - per ore, facendo il pieno di sorrisi, storie, ricordi e affetto, nonchè di ottimi sapori da gustare in compagnia: nel suo post si ricorda bambina, mentre di nascosto rubava con il cucchiaino il ripieno dei ravioli al quale proprio non sapeva resistere. E dopo averlo provato, non posso che darle ragione!
 
 
 
 

Tortelli di zucca
  dal blog saporiinconcerto.blogspot.it
 
 
Ingredienti per circa 60 tortelli
 
per il ripieno
 
500g zucca
150g grana padano
150g amaretti
150g mostarda mantovana (solo di mele) - se non doveste trovare la mostarda mantovana, potete sostituirla con quella mista Dondi o Sperlari, che risulterà leggermente più piccanti
 
per la pasta
 
3 uova
300g farina
sale q.b.
 
per il condimento
 
10 foglie di salvia
50g burro
 
Il giorno prima preparate il ripieno. Tagliate la zucca a fette e fatela cuocere nel forno per circa 45 minuti, oppure a tocchetti in una pentola col coperchio a fuoco basso con l'aggiunta di un solo goccio di acqua.
 
Tritate la zucca, gli amaretti, la mostarda scolata dal suo liquido e il formaggio grana. Deve risultare un composto morbido ma “fermo”.
 
Nel frattempo preparate la sfoglia che dovrà risultare omogenea e compatta. Tiratela abbastanza sottile - io l'ho tirata a 0,6 mm. Adagiate un cucchiaino di ripieno sulla sfoglia tagliata a quadrati . Piegate a triangolo con la punta verso il basso schiacciando bene i lati, facendo attenzione a fare uscire l’aria e a non “sporcare” con il ripieno i bordi altrimenti i bordi della pasta non si attaccano tra di loro.


Unite gli altri due angoli tra il dito pollice l’indice schiacciare e girare verso l’alto (ho dimenticato di girarli verso l'alto! Continuate fino ad esaurimento della sfoglia e del ripieno.

I miei primi tortelli, chiedo scusa a tutte le massaie mantovane per questi piccoli obrobri :D
In una padella d'acciaio ho fatto fondere il burro e l'ho profumato con le foglie di salvia intere.
 
Immergete i ravioli in acqua salata bollente nel quale avrete aggiunto un goccio di olio di oliva affinchè non si attacchino. Man mano che vengono a galla scolarli delicatamente con una schiumarola e condirli con il burro alla salvia.
Buon appetito!

fonti: osvaldomurri.it
ricettedicultura.com

Potete leggere questo post anche sul blog del MTChallenge.

martedì 24 novembre 2015

I PROFUMI DELL'AUTUNNO: RAVIOLONI BURRATA E FUNGHI SALTATI AL MONTEPULCIANO

L'autunno mi piace.
L'odore dell'aria carica del profumo delle foglie, dell'erba bagnata.
Mi piace quando piove, per stare in casa al calduccio a sorseggiare un buon infuso bollente.
L'aria frizzante e leggermente pungente di quando le montagne iniziano ad avere una leggera spolverata di neve che le ricopre.
 
Per non parlare di tutti quei piatti che preparo volentieri, soprattutto se per farli devo accendere il forno: la torta di mele, il pane, la borguignon, le castagne arrosto... nonché la pasta fatta in casa.
Quando ho più tempo da dedicare alla cucina mi piace "ammassare" per fare un ottimo piatto di pasta fatta in casa.
 
Complice l'MTC n°52, stavolta è toccato ai ravioli. Il tema della sfida sono i "raieu co-u tuccu", ovvero i ravioli al sugo genovesi.
Io li ho reinventati e li ho riempiti con la burrata e i funghi saltati in padella, profumandoli al Montepulciano. Il condimento, un sughetto "finto" come lo chiama mia mamma, senza soffritto, affinché il pomodoro sia il vero protagonista, è stato lasciato cuocere piano piano, a fiamma bassa, per un oretta - io ne ho fatto poco perché in casa siamo solo in due, se la quantità è maggiore, sicuramente si allungherà anche il tempo di cottura.
 
Ravioloni con burrata e funghi stufati al Montepulciano
 
 
 
per la pasta
 
200g di farina 0
1 uovo intero
2 tuorli
un pizzico di sale
 
per il ripieno
 
200g di burrata fresca
250g di funghi champignon
1 bicchierino di Montepulciano d'Abruzzo, io Collesecco Rubino Cantina Tollo
sale e pepe q.b.
uno spicchio d'aglio
 
per il sugo
 
750ml di passata di pomodoro - io ho usato quella che facciamo in casa, a fine estate, con i pomodori dell'orto
sale
olio evo
 
Per prima cosa mettiamo su il sugo.
In un tegame (se avete il coccio ancora meglio, perché mantiene il calore meglio e consente una cottura a bassa temperatura perfetta) versate la passata, aggiungete l'olio e un pizzico di sale. Ponete il coperchio e iniziate a cuocere a fiamma bassa. Girate di tanto in tanto, finché il sugo risulterà ben ristretto. A fine cottura regolate di sale.
 
 
Ora impastiamo!
Formare la fontana con la farina in una ciotola, versare al centro l'uovo intero e i tuorli, più un pizzico di sale.
Impastare fino ad ottenere un composto liscio e compatto che lascerete riposare a campana sul piano di lavoro leggermente spolverizzato di farina.

 
Nel frattempo che la pasta riposa, prepariamo i funghi. Li priviamo della parte finale con la terra e li puliamo con un panno umido. Tagliateli a fettine di 2mm, includendo il gambo. Fateli saltare in padella con un filo d'olio evo e uno spicchio d'aglio. Non appena saranno ben dorati, sfumate con il vino che lascerete evaporare. Quindi salateli e toglieteli dalla padella affinché quando li utilizzeremo per il ripieno saranno freddi.

Tiriamo la pasta a 0.6 mm di spessore, formando due sfoglie rettangolari.
Stracciate la burrata con le mani e sistematene mezzo cucchiaino circa formando tanti mucchietti, un po' distanziati tra di loro. Su ogni mucchietto, adagiate un po' di funghi.

 
 Spennellate un po' d'acqua sui bordi della sfoglia e intorno a ogni mucchietto che andrà a diventare un raviolo. Coprite con la seconda sfoglia, facendola aderire bene a quella sottostante, avendo cura di far uscire bene l'aria.
Tagliate i ravioli con lo strumento apposito e riponeteli su un vassoio ben infarinato fino al momento di cuocerli. 
Potete prepararli anche il giorno prima se volete; in questo caso ponete il vassoio, coperto con carta d'alluminio, in frigo.


Cottura per 10 minuti circa, in acqua bollente salata. Quindi scolateli, impiattateli e conditeli con il sugo preparato in precedenza. Servite caldi accompagnati da una spolverata di parmigiano reggiano,  un buon bicchiere di Montepulciano d'Abruzzo e, ovviamente in buona compagnia.
  
 
 

venerdì 6 novembre 2015

UNA STORIA INCREDIBILE E LA TORTA RUSTICA DI GRANO SARACENO E FIORDIFRUTTA AI MIRTILLI NERI

Se qualcuno mi avesse raccontato questa storia sicuramente avrei fatto fatica a crederci.
Sembra incredibile, sono la prima ad ammetterlo; eppure è scritto tutto nero su bianco su vecchissimi registri anagrafici che arrivano fino a metà '800.
Ma partiamo dall'inizio..
Vi ricordate quando qui, vi avevo detto che spinta dalla curiosità di conoscere le origini dei miei nonni avevo iniziato a chiedere ai vari parenti? Dopo aver fatto delle domande in giro ho anche mandato papà all'ufficio anagrafe per trovare notizie dei suoi nonni, ovvero i miei trisavoli.
 
Ne sono uscite delle belle!
 
In pratica, ho scoperto che le mie origini abruzzesi non sono solo da parte di madre (mia mamma è nata e cresciuta, fino ai 16 anni in un paesino vicino L'Aquila), ma anche da parte di padre.
Infatti il nonno di mio padre da parte materna, Ernani Tucci, era nato a Magliano dei Marsi il 17-10-1867. Trasferitosi a Rieti, ha sposato in prime nozze la mia trisavola Paola Leonardi, nata a Rieti l'8-03-1869, con cui ha avuto quattro figli, un maschio e tre femmine: Norma, Raffaella, Adalgisa - la mia nonna materna - e Pierluigi.
 
La bisnonna Paola, aveva un fratello, Attilio, che aveva preso i voti ed era stato per buona parte della sua vita il parroco di un paesino sempre in provincia dell'Aquila, Marana.
Quando la mia bisnonna venne a mancare il bisnonno Ernani rimase solo, e suo cognato, Don Attilio, pensò di farlo maritare in seconde nozze con la sua perpetua, Soccorsi Giulia, originaria di Marana, che era più giovane di lui ed era rimasta a sua volta vedova con tre figli da mantenere.
Don Attilio aveva pensato così di fare del bene sia al cognato, che aveva ormai 60 anni, e alla sua perpetua, Giulia.
 
(ndr a questo punto vi metto un numero vicino agli Ernani sennò vi confondete... per farlo capire a papà lo so solo io!!)
Destino volle che Ernani 1* e Giulia avessero quattro figli: Willelma, Werter, Antonio e Ernani 2*.
L'ultimo figlio, Ernani 2*, venne chiamato come il padre, secondo una tradizione radicata nei secoli, ovvero di "riallevare" un figlio con il nome del padre.
 
Il destino, che ancora non aveva terminato di metterci lo zampino, volle che poi Ernani Tucci 2*, figlio del suo omonimo e mio trisavolo, continuasse la stirpe dei Tucci e che un suo nipote portasse il suo stesso nome e cognome, sempre secondo la tradizione di cui sopra.
 
Questo ragazzo, Ernani Tucci 3*, nipote Ernani Tucci 2*, è il fratello di una mia cara amica, una ragazza che ho conosciuto quando mi sono trasferita qui a L'Aquila, ormai 8 anni or sono. Lei, Cinzia, è la fidanzata di uno dei migliori amici di Alessandro.
Non potete capire la felicità nello scoprire che nelle nostre vene corre lo stesso sangue.
 
E c'è qualcuno che non crede al destino....
 
Come le mie radici, la torta che vi presento oggi è rustica, semplice e dal profumo buono delle cose di una volta.
La base, con noci e grano saraceno, dal gusto tostato, si sposa con la dolcezza, leggermente aspra, della confettura Fior di Frutta ai mirtilli neri per creare qualcosa di magico, proprio come aveva fatto nonno Ernani (1*).
 
Torta rustica di grano saraceno e Fior di Frutta ai mirtilli neri
 

200g di burro
250g di zucchero di canna fine
250g di farina di grano saraceno
100g di mandorle
100g di noci  
6 uova grandi
1 pizzico di sale
la scorza di 1/2 arancia grattugiata
400 g di confettura di mirtilli, io Fior di Frutta RdA
latte di mandorla q.b.
in più ci servirà per decorare
zucchero a velo.
 
Lavorate il burro a pomata con lo zucchero fino a ottenere un composto gonfio e spumoso; aggiungete i tuorli, uno alla volta, e incorporate per bene. Miscelate la farina di grano saraceno, le mandorle e le noci tritate e la scorza dell’arancia. Unite i due composti e, se necessario, aggiungete un goccio di latte di mandorla per ammorbidire l’impasto.
Montate gli albumi a neve con il pizzico di sale e incorporateli delicatamente al composto mescolando dal basso verso l’alto. Versate il composto in una tortiera, con il fondo rivestito di carta forno, e infornate a 180 °C per circa 40 minuti.
 
Trascorso il tempo di cottura, sfornate e lasciate raffreddare; quindi sformate la torta e dividetela in due parti. Farcite al centro con FiordiFrutta ai mirtilli neri, richiudete e spolverizzate con lo zucchero a velo. Servite.

Con questa ricetta partecipo al contest Rigoni di Asiago "Il mio cuore batte per..."

http://foodbloggers.rigonidiasiago.it/parte-il-nuovo-contest-il-mio-cuore-batte-per/

lunedì 2 novembre 2015

MUNAVALGEKOOK OVVERO CIAMBELLA ESTONE AGLI ALBUMI CON COULIS DI MELAGRANA

A chi non capita di avere, di tanto in tanto, degli albumi in frigo da consumare? 
A me capita spesso e volentieri.

Stavolta, complice la preparazione di tantissima crema pasticcera per fare una zuppa inglese, ne avevo ben 6, sgusciati da qualche giorno.
Si possono anche congelare, è vero. Basta metterli in un contenitore chiuso, di quelli con il coperchio (santa Ikea). Oppure nei bicchierini di plastica da caffè a portar via - quelli con il coperchietto.

Oppure invece di congelarli possiamo utilizzarli per fare un dolce che non ha nulla da invidiare a uno fatto sia con i tuorli che con gli albumi.
Si possono usare per fare le lingue di gatto, le meringhe con il barbatrucco, dei biscotti al cocco facilissimi e pronti in 5 minuti, un pavlova da farcire con panna e frutta di stagione, oppure un'americanissima angel food cake.

E se invece andassimo in Estonia a prendere l'ispirazione per il dolce di oggi?
Proprio così. Oggi vi propongo un dolce estone, a base di albumi.
Diciamo che è a metà tra una Torta margherita e una Angel food Cake.
 
L'ho arricchita servendola con una coulis di melagrana, che impazza in questa stagione ed è ricchissima di antiossidanti.
 
Munavalgekook, Ciambella estone agli albumi con coulis di melagrana

 
per la ciambella
 
6 albumi, per un peso totale di 210g
250g di zucchero
160g di farina 00
1 cucchiaio di farina di mais, tipo fioretto
8g di lievito per dolci
100g di burro
un cucchiaino di estratto naturale di vaniglia
un pizzico di sale
 
per il coulis alla melagrana
 
200g di chicchi di melagrana
20g di zucchero
la scorza grattugiata di 1/4 di limone
 
Prepariamo la ciambella.
Nella planetaria, o con le fruste elettriche, montiamo a neve ferma gli albumi con due cucchiai di zucchero prelevati dai 250g totali.
Mentre gli albumi montano mettiamo a fondere il burro, facendo attenzione che non bruci e lo lasciamo poi freddare completamente.
In una ciotola uniamo la farina, lo zucchero restante, la farina di mais, il sale e il lievito per dolci.

Quando gli albumi sono ben montati, con l'aiuto di una spatola, preferibilmente in silicone, andiamo ad incorporare gli ingredienti secchi, mescolando dall'alto verso il basso.
Il composto si smonterà un po', ma non preoccupatevi.
Una volta che tutte le polveri sono incorporate uniamo la vaniglia e il burro ormai freddo, colandolo a filo e incorporandolo man mano.
 
Imburrate e infarinate uno stampo da ciambella. Versatevi il composto ed infornate in forno preriscaldato a 180° per 30-35 minuti.
Prima di sfornare, fate sempre la prova con lo stecchino.
 
Lasciate raffreddare nello stampo, quindi capovolgete la ciambella sul piatto di portata.
 
 
Per preparare il coulis dovete innanzitutto aprire la melagrana e privarla dei chicchi. Eliminate le eventuali pellicine bianche che risulterebbero amare al palato.
 
Mettete i chicchi, lo zucchero e la scorza di limone in una padella e ponete su fuoco vivace stando molto attenti che non bruci. La cottura è abbastanza veloce, dobbiamo far sciogliere lo zucchero e lasciare che l'acqua rilasciata dal frutto si ritiri.
Quando arriva a bollore abbassate al minimo la fiamma e lasciate sobbollire, lasciando che si addensi. La consistenza finale è quella di una marmellata, ma un po' più liquida.

 
Per eliminare i semini utilizzare il passaverdure, con il passino con i buchi più piccoli.
 
Trasferite in un vasetto di vetro e lasciate raffreddare. Quanto completamente fredda, chiudete il contenitore e ponete in frigorifero dove questa salsa dolce si conserva fino a una settimana.
 
La potete utilizzare per accompagnare torte secche, come nel mio caso, oppure sul gelato, sui pancakes o sui waffles.

Servite una fetta di Munavalgekook irrorata da una generosa dose di coulis.
 
 

domenica 25 ottobre 2015

POLLO RIPIENO: COME FAR CRESCERE I PELI SUL PETTO - DEL BLOG

Da quando ho iniziato a tenere un blog di cucina mi sono quasi sempre tenuta nella mia "zona sicura", ovvero in quella zona costellata di ricette a me note, quelle preparate per la famiglia o gli amici, o generalmente quelle con dei procedimenti già conosciuti.
Questa zona sicura è stata ampliamente valicata da quando partecipo al MTC.
A partire dalla prima sfida, in cui mi sono interfacciata con i bignè, passando poi per il paté, il budino salato - e chissà quante altre ancora - ho esplorato i dintorni e scoperto un universo fatto di cucina italiana e non, tecniche di cottura diverse, trucchi e barba trucchi per una riuscita sicura.
Insieme a me e alla mia conoscenza della cucina è cresciuto anche il mio blog.

Ora.. questo mese la sfida è tosta.
Patti, che già avevamo conosciuto perché ci ha regalato la ricetta dei Pici, è la vincitrice del MTC n°50 sui croissant e ha scelto una cosina mica da ridere.........
 
 
"Fare i pici è facile, lo fanno anche i bambini, a volte anche meglio di noi.
Adesso invece ci si tira su le maniche, si scelgono gli attrezzi e si entra nella materia. Quella vera.
Disossare un pollo.
Proprio voi, con le vostre mani, da soli!"
 
 
EH?! Chi?! Disossare un pollo???
 
 
"Allora mi chiederete voi: che senso ha fare tutto sto lavoro, quando lo può fare qualcuno per noi?
Il senso è questo: che diamine ci stiamo a fare in cucina se non vogliamo cucinare veramente?
E perché abbiamo un blog di cucina se dobbiamo riempirlo di biscottini, nastrini e ninnolini?
Quest'oggi al vostro blog nascono i peli sul petto.
Quest'oggi si entra nella materia, si tocca la fibra, si recide, si scarnifica, si taglia e cuce cercando di rispettare ed onorare la materia che si ha sotto le mani.
Si guarda un pollo con occhi diversi, ed alla fine un po' diversi lo saremo anche noi.
Disossare un pollo è complesso senza essere impossibile: richiede concentrazione, lentezza, una certa dose di manualità (che tutti voi avete altrimenti non stareste qui), carattere e buona volontà.
Vi consento di farvi prendere dal panico i primi 15 minuti, esattamente come ho fatto io l
a mia prima volta.
Trovarsi un busto di pollo di fronte e guardarlo come se non l'aveste mai visto veramente.
Lo girerete venti volte, lo toccherete con un dito, avrete paura di fargli male.
Vi ricordo: la bestia è morta!
Adesso sta a noi dargli una fine degna del suo sacrificio.
Con questa prova, non voglio esagerare, ma si diventa grandi.
E se volete fare i fighi, disossate un pollo!"
 
 
Vi ho riportato uno stralcio del post di Patti, perché se ha convinto me convincerà anche voi.

E prima di passare dal macellaio ad ordinare il pollo, passate a prendere un appuntamento dall'estetista di fiducia: per il blog ovviamente!

Ok. Ora, prendete un respiro. Procediamo per gradi.
Prima di passare all'atto pratico, bisogna studiare un po' di teoria. Vi rimando al post di Patti, splendidamente accompagnato dalle foto del processo unite a una spiegazione molto chiara e dettagliata - se avete bisogno di rileggerla 10 volte, state tranquilli, è normale.. io sono alla 25ima lettura!
In più, come promemoria, nonché per sdrammatizzare un pochino, uno schemino realizzato da Dani Pensacuoca.
 
 
 
Gli indispensabili per questa ricetta sono:
- coltello da disosso, di piccole dimensioni e molto appuntito, che può avere la lama flessibile (ideale per il pollo) o rigida (per la carne in generale). Il coltello dev'essere ben affilato perché spesso un coltello poco affilato può essere ben più pericoloso;
- ago da cucina - ma va bene uno da lana se l'avete;
- filo da cucina o di seta;
Una volta che avete il pollo, l'idea del ripieno, gli strumenti e il tempo di star li a "squartare" l'animale, siete pronti a procedere!
 
Pollo ripieno con salsiccia, funghi champignon e noci con gravy al Montepulciano
 
 
per il pollo
 
1 pollo ruspante di 1 kg di peso
sale
pepe
15g di burro a temperatura ambiente
4 cucchiai di olio evo
 
per il ripieno
 
500g di funghi champignon fioroni
sale
350g di salsiccia di pollo
30g di noci sgusciate e lievemente tostate
 
per il gravy
 
fondo di cottura del pollo
brodo di pollo q.b.
1 cucchiaio di farina
 
in più ci serviranno
 
1 bicchiere di vino rosso Montepulciano d'Abruzzo
 
Prima fase: disossare il pollo.

Per le indicazioni precise, consultate il post di Patty che è un vero vademecum.
Le fasi salienti sono: il taglio lungo la colonna vertebrale dell'amico pennuto, la separazione della polpa dalla cassa toracica, infine, il sollevamento finale della cassa toracica.

taglio lungo la colonna vertebrale



separazione della cassa toracica dalla polpa

cassa toracica separata dal pollo

Seconda fase: il ripieno.

Ho scelto di riempire il pollo con degli ingredienti che a mio avviso si sposano bene insieme: salsiccia di pollo, per dare un po' di grassezza e sapore; funghi fioroni, delicati, ma dal marcato profumo d'autunno; noci, che secondo me vanno a nozze sia con il pollo che con i funghi.
 
Terza fase: farcitura e riposo
Una volta che il pollo è aperto a libro passiamo a preparare il ripieno.
Pulisco i funghi, li taglio a pezzi e li frullo in un mixer, proprio come farei se dovessi fare un filetto alla Wellington. Quindi li cuocio in una padella antiaderente aggiungendo solo del sale. Saranno pronti quando tutta l'acqua si sarà ritirata. Una volta cotti, li lascio freddare quasi completamente.
Nel frattempo che i funghi cuociono, sguscio le noci e le trito grossolanamente.

Spello la salsiccia di pollo e la spalmo su tutto l'interno del pollo, in modo piuttosto uniforme, in modo da formare uno strato.
Quindi faccio un secondo strato con i fughi tritati, aggiungo un po' di prezzemolo tritato finemente (che ho dimenticato di mettere!) e infine cospargo con le noci leggermente tostate.

 
Ora bisogna chiudere il pollo, cucirlo e metterlo a nanna. Qui si vede chiaramente che si è strappato un pezzetto di pelle durante la fase della cucitura.. a mia discolpa: è il mio primo pollo disossato, la prossima volta andrà sicuramente meglio :)


 
"Sollevate i lati del volatile per richiuderlo, fate coinciderei lembi di pelle con grazia e procedete alla cucitura. Cominciate dal collo e scendete cucendo senza tirare troppo la pelle perché con la cottura, tenderà a gonfiarsi e ritirarsi con il rischio di spaccarsi e rovinare tutto il vostro paziente lavoro. Potete usare filo da cucina o filo di seta a vostro piacere. 
Una volta cucito il vostro polletto avrà più o meno questo aspetto. Legate le cosce per mantenere la forma in cottura.

Inumidite un largo foglio di carta da forno ed avvolgetevi stretto il pollo chiudendolo come un caramellone. 

Avvolgete il caramellone in un lungo foglio di alluminio e legatelo con dello spago per dare definitivamente una forma cilindrica al vostro pollo. Adesso potete mettere in frigo per 2/3 ore o se preferite, per tutta la notte fino al momento di cuocerlo."



Quarta fase: cottura.

La regola generale indica un tempo di cottura di 1 ora per ogni chilogrammo del pollo.
Pesatelo farcito, e calcolate un tempo indicativo. Il mio pesava 1,5 kg e ha cotto in un ora e mezzo.
Sistematelo in una teglia in cui avrete messo 4 cucchiai di olio evo. Adagiate il pollo dopo il riposo nella teglia, dopo aver massaggiato la pelle prima con sale e pepe, poi con del burro morbido arricchito da aghi di rosmarino fresco.

Infornate in forno già caldo a 180°.

Dopo 15 minuti di cottura bagnate con un bicchiere di Montepulciano d'Abruzzo.
Ogni 20 minuti bagnate il pollo con i suoi succhi per evitare che la pelle secchi troppo.

A fine cottura, specie se intendete, come me, servirlo il giorno dopo, sfornate, lasciate raffreddare 15 minuti, quindi avvolgetelo nella carta d'alluminio e riponete in frigo.
Il giorno dopo, mezz'ora prima di servirlo passatelo in forno caldo, ma spento, per 30 minuti. Quindi eliminate lo spago, tagliate a fette e servite con abbondante gravy. - parola di Van Pelt.

Quinta fase: il gravy.
A cottura ultimata del pollo con il fondo di cottura, filtrato da eventuali residui solidi, andiamo a realizzare il gravy, ovvero, la salsa.
Allunghiamo il fondo di cottura, direttamente nella teglia di cottura, con del brodo di pollo, realizzato con la cassa toracica del pollo, le ali e le ossa scartate durante la fase di disosso. Lasciamo ridurre a fuoco medio; quindi addensiamo ulteriormente con un cucchiaio scarso di farina e teniamo da parte per irrorare la carne appena prima di servirla.

Ho accompagnato il mio pollo ripieno con delle semplicissime patate al forno, cotte solamente con olio e sale.

 

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